martedì 24 marzo 2015

CENTRALE A BIOMASSE, IL TAR DÀ RAGIONE AL COMUNE DI SAN NICOLA DA CRISSA

I due impianti di produzione di energia elettrica da fonte biomassa della potenza di 300 kw ciascuno ricadenti nel territorio del Comune di San Nicola da Crissa potranno vedere la luce ed essere effettivamente funzionanti. Lo si deduce dalla sentenza emessa dalla Prima sezione del Tar Calabria che ha rigettato il ricorso proposto da diversi cittadini e da un comitato locale.
Al di là degli aspetti puramente tecnici è interessante la motivazione della ‘bocciatura’ dei rilievi connessi al presunto “pericolo per la salute” scaturente dal funzionamento degli impianti poiché il Tribunale amministrativo regionale ritiene la censura “priva di fondamento” oltre che “generica”.
In particolare, “il richiamo al D.M. del 5 settembre 1994 secondo cui le centrali termiche rientrerebbero nella prima classe di manifatture e fabbriche dalle quali deriverebbero esalazioni insalubri, non è confacente al caso di specie, che, come ampiamente sottolineato, è disciplinato dalla normativa nazionale di recepimento di quella europea sulla realizzazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili; peraltro, in disparte la genericità della doglianza, sul punto vanno condivise le osservazioni dedotte dalla controinteressata secondo cui dalla relazione allegata alla Pas risulta che i valori di emissione siano inferiori ai limiti previsti dal Dpr 203/1988 e dal D.lgs 152/2006”.
Infondata anche la censura concernente la presunta violazione del D.lgs 387/2003 nella parte in cui il Comune non avrebbe contemperato la possibilità di ubicare gli impianti di produzione dell’energia elettrica da fonte rinnovabile in zona agricola, visto che, secondo il progetto assentito, gli stessi impianti sono “ubicati nella zona prevista dal Pip”. Identico destino anche per le eccezioni riguardanti lo smaltimento dei rifiuti e la presunta violazione degli strumenti urbanistici. Dunque, c’è il via libera rispetto all’istanza formulata il 29 novembre 2012 dalla Enel Green Power spa.
La sentenza può essere considerata un “precedente” rispetto ad altri possibili casi che potrebbero ripresentarsi per altri territori nei prossimi mesi.



LA SENTENZA

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 855 del 2014, proposto da:
Vincenzo Marchese, Alberto Imeneo, Rocco Iori, Graziano Rizzuto, Antonio Bellissimo, Antonio Marchese, Vito Antonio Fera in proprio, nonché il comitato “Cca si campa d’aria” in persona del Presidente Marchese Vincenzo, rappresentati e difesi dall'avv. Angelo Calzone, con domicilio eletto presso Giovanna Diaco in Catanzaro, Via Padre Antonio Da Olivadi ,15; 
contro
Comune di San Nicola Da Crissa, rappresentato e difeso dall'avv. Domenico Colaci, con domicilio eletto presso Francesco Izzo in Catanzaro, Larghetto Spirito Santo, 3;
Comune di Vallelonga, non costituito. 
nei confronti di
Enel Green Power s.p.a., rappresentata e difesa dagli avv. Paolo Canonaco e Francesco Di Liberto, con domicilio eletto presso Elvira Iaccino in Catanzaro, largo Pianicello N.19; 
per l'annullamento:
del provvedimento di autorizzazione tacita del Comune di San Nicola Da Crissa, formatasi per silenzio assenso ex art. 12 D.Lgs. 387/2003 e art. 6 D.lgs. 28/2011 sull’istanza del 29 novembre 2012 prot. 3560 formulata da Enel Green Power s.p.a.;
b) della determina n. 3 del 26.02.2014 adottata dal responsabile dell’area tecnica del Comune di San Nicola da Crissa;
c) della S.C.I.A. presentata in data 05.04.2014 prot. n. 888 cat. 6 e di ogni altro atto presupposto, conseguente o comunque connesso

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di San Nicola Da Crissa e della Enel Green Power s.p.a.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 gennaio 2015 la dott.ssa Germana Lo Sapio e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso notificato in data 12 maggio 2014 alla Enel Green Power S.p.A., controinteressata, e il 13 maggio 2014 all’amministrazione resistente, Comune di San Nicola da Crissa, i ricorrenti Marchese Vincenzo, Imeo Alberto, Iori Rocco, Rizzuto Graziano, Bellissimo Antonio, Marchese Antonio e Fera Vito Antonio hanno chiesto l’annullamento, previa sospensione degli effetti, del a) provvedimento di autorizzazione, formatosi per silenzio assenso, ai sensi dell’art. 6 co. 2 del D.lgs. n. 28 del 2011 per la realizzazione di due impianti di produzione di energia elettrica da fonte biomassa della potenza di 300 kw ciascuno, delle opere connesse e delle infrastrutture indispensabili alla costruzione ed all’esercizio degli impianti stessi; b) della determina n. 3 del 26.02.2014 adottata dal responsabile dell’area tecnica del Comune di San Nicola da Crissa; c) della S.C.I.A. presentata in data 05.04.2014 prot. n. 888 cat. 6 e di ogni altro atto presupposto, conseguente o comunque connesso.
2. A fondamento del gravame, e sul presupposto di aver preso conoscenza degli atti sopra indicati solo a seguito della richiesta di accesso agli atti (ovvero in data 30 aprile 2014), i ricorrenti deducono diverse censure, di seguito sinteticamente riportate:
2.1. Vizio di violazione di legge in relazione all’art. 12 co. 4 bis del D.lgs. 29 dicembre 2003 n. 387 e in relazione all’art. 6 co. e del D.lgs., 28/2011 che prevede la procedura abilitativa semplificata (cd. PAS), essendosi formato il provvedimento tacito abilitativo, ma senza che la società avesse avuto la previa disponibilità dei suoli su cui realizzare gli impianti;
2.2. vizio di violazione di legge in relazione all’art. 6 co. 2 del D.lgs. 28/2011 e di eccesso di potere per incompatibilità del progetto assentito con gli strumenti urbanistici approvati e, in particolare, con gli artt. 2, 4 e 14 del piano per gli insediamenti industriali del Comune di San Nicola da Crissa;
2.3. vizio di violazione di legge con riguardo all’art. 6 co. 2 del D.lgs. 28/2011 in relazione al par. 12.4 del D.M. 10 settembre 2010; vizio di eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto, difetto di istruttoria, illogicità e contraddittorietà, poiché, a differenza di quanto indicato nella documentazione allegata all’istanza di autorizzazione, gli impianti in questione non sarebbero qualificabili come “cogenerativi”, non essendo esplicitato verso quali utenze avvenga la cogenerazione;
2.4. vizio di eccesso di potere in relazione al D.M. 2 marzo 2010, non essendo state indicate le modalità di approvvigionamento delle biomasse e della localizzazione delle aree di reperimento, requisiti richiesti ai fini della “tracciabilità”delle biomasse;
2.5. vizio di violazione di legge con riguardo agli artt. 107, 124, 183, co. 2 , 184 ter, 216 co. 1, 2 e 3 del D.lgs. 152/2006 ed in relazione all’art. 1 del D.M. 5 febbraio 1998; vizio di eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto di istruttoria, difetto di motivazione, poiché dalla relazione tecnologica allegata alla PAS emergerebbe una “produzione di un quantitativo di ceneri pari a 10 kg/H”, da qualificarsi quale “smaltimento illecito di rifiuti”, e non quale “materiale di scarto”;
2.6. vizio di violazione di legge in relazione all’art.12 co. 7 del D.lgs. 29 dicembre 2003 n. 387 con particolare riguardo all’art. 17 parte IV all. 3 del D.M. 19 settembre 2010; nonché eccesso di potere “per carenza di istruttoria, carenza di motivazione, travisamento dei fatti ed erronea valutazione degli stessi”, poiché, pur potendo gli impianti di produzione di energia elettrica essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici, non sarebbe stato effettuato “un contemperamento di tale possibilità con la valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, tutela della biodiversità, così come del patrimonio culturale e del paesaggio rurale”;
2.7. violazione di legge, in relazione all’art. 216 del T.U. delle Leggi Sanitarie, art. 6 del D.lgs. 28/2011, eccesso di potere per mancanza di istruttoria e motivazione, anche in relazione all’art. 32 del PRG, poiché la centrale termica oggetto di autorizzazione sarebbe assentita senza pur producendo “esalazioni insalubri”, nocive per la salute degli abitanti residenti nelle zone vicine, senza neanche l’adozione del parere sanitario dell’ASP o dell’Arpacal.
3. Si è costituito in giudizio il Comune resistente, con memoria del 16 giugno 2014, deducendo, in rito, il difetto di legittimazione attiva dei ricorrenti, sia del comitato che dei singoli ricorrenti, nonché la tardività del ricorso e, nel merito, l’infondatezza delle singole censure; in data 13 giugno 2014, si è costituita anche la Enel Green Power spa, controinteressata, sollevando analoghe eccezioni processuali ed eccependo l’infondatezza delle singole doglianze avanzate dai ricorrenti.
4. Con ordinanza n. 307 del 19 giugno 2014, è stata accolta l’istanza cautelare di sospensione (ordinanza confermata in sede di appello). All’udienza del 23 gennaio 2015, il ricorso è stato definitivamente trattenuto in decisione.
5. Il ricorso è infondato, ma vanno preliminarmente esaminate le eccezioni processuali sollevate sia da parte resistente che dalla controinteressata.
5.1 Quanto a quella di irricevibilità del ricorso, essa non è condivisibile.
5.1.1 Premesso che il provvedimento autorizzatorio si è formato tacitamente in data 29 dicembre 2012 (risalendo l’istanza al 29 novembre 2012), parte ricorrente deduce di aver appreso in data 26 febbraio 2014 -data in cui la stessa era stata pubblicata sul sito internet del Comune- della determina n. 3 recante la stessa data (atto con cui venivano assegnati alla società controinteressata i suoli corrispondenti ai lotti 8 e 21 del piano per gli insediamenti produttivi del medesimo Comune, per la realizzazione dell’impianto); di aver, quindi, inoltrato istanza di accesso agli atti il 10 aprile 2014 e di essere venuta a conoscenza del provvedimento autorizzatorio, solo in data 30 aprile 2014, a riscontro della predetta richiesta di accesso.
Secondo la prospettazione delle altre parti in giudizio, invece, il ricorso sarebbe da dichiararsi irricevibile, poiché, almeno a decorrere dal 26 febbraio 2014, i ricorrenti avrebbero avuto la piena conoscenza – non solo, nello specifico, del predetto provvedimento adottato dal Comune di San Nicola da Crissa con cui venivano assegnati in proprietà i suoli industriali identificati nella planimetria PIP lotto n. 8 e n. 21 – ma anche degli atti del “procedimento conseguente alla PAS, noto da tempo ai ricorrenti, soprattutto se si tiene in considerazione la circostanza che la realizzazione del progetto era nota e dello stesso si erano occupati gli organi di stampa” (così memoria parte controinteressata, pag. 8).
5.1.2 L’eccezione non può essere accolta.
Il provvedimento ritenuto lesivo oggetto di gravame è costituito dall’autorizzazione alla realizzazione dell’impianto di produzione di energia elettrica da fonte biomassa, formatasi tacitamente ai sensi dell’art. 6 del D.lgs. 28/2011 (secondo la cd. procedura abilitativa semplificata: PAS).
Invero, la norma sopra indicata prevede che “Il proprietario dell'immobile o chi abbia la disponibilità sugli immobili interessati dall'impianto e dalle opere connesse presenta al Comune, mediante mezzo cartaceo o in via telematica, almeno trenta giorni prima dell'effettivo inizio dei lavori, una dichiarazione accompagnata da una dettagliata relazione a firma di un progettista abilitato e dagli opportuni elaborati progettuali, che attesti la compatibilità del progetto con gli strumenti urbanistici approvati e i regolamenti edilizi vigenti e la non contrarietà agli strumenti urbanistici adottati, nonché il rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico-sanitarie” (art. 6 co. 2 )e che se il Comune non notifica all’interessato l’ordine motivato di non effettuare il previsto intervento, “decorso il termine di trenta giorni dalla data di ricezione della dichiarazione di cui comma 2, l'attività di costruzione deve ritenersi assentita” (art. 6 co. 4).
E’ incontestato pertanto che, avendo la società controinteressata inoltrato l’istanza in data 29.11.2012 (prot. 360) al Comune di San Nicola da Crissa, l’autorizzazione tacita si sia formata in data 29.12.2012.
Ritiene il Collegio che, per quanto si richiami l’orientamento prevalente secondo cui, ai fini del decorso del termine di impugnazione ex art. 41 c.p.a., la “piena conoscenza” del provvedimento lesivo non postula necessariamente la conoscenza di tutti i suoi elementi, essendo sufficiente quella degli elementi essenziali, quali l’autorità emanante, la data, il contenuto dispositivo e il suo effetto lesivo (cfr. da ultimo Cons. St., III sez., 22 gennaio 2014 n. 290; Cons. St., sez. IV, 9 gennaio 2014 n. 36; in senso difforme peraltro cfr. Cons. St., sez. VI, 9 febbraio 2007 n. 522), nel caso di specie è da escludere che, sulla base della determina n. 3 del 26 febbraio 2014, potesse ritenersi acquisita la piena conoscenza, sia pure nei termini minimi appena riportati, del provvedimento di autorizzazione tacita.
Ciò in quanto, l’atto di assegnazione in proprietà dei suoli, dopo aver richiamato i provvedimenti amministrativi concernenti il “piano per gli insediamenti produttivi” del Comune di San Nicola da Crissa, fa riferimento ad una precedente richiesta della SocietàEnel Green Power (…) in data 26 novembre 2012 prot. 3472 “tendente ad ottenere due lotti nella zona PIP di questo Comune per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili (biomasse da legno vergine)”, così circoscrivendo il contenuto di tale richiesta espressamente alla acquisizione della “disponibilità” dei suoli su cui realizzare l’impianto, richiesta che non necessariamente è contestuale all’istanza di realizzazione dell’impianto di energia da fonte rinnovabile, da cui decorre il termine per la formazione del silenzio significativo (nel caso di specie, ad esempio, la richiesta volta a conoscere la disponibilità dell’amministrazione alla cessione dei diritti di superficie dei lotti, è stata formulata con separata istanza in data 14 novembre 2012; mentre l’istanza di autorizzazione ex art. 6 D.lgs. 28/2011 è del 29 novembre 2012).
In relazione al provvedimento principale (autorizzazione tacita all’installazione dell’impianto di energia da fonte rinnovabile) il ricorso è pertanto tempestivo; l’eccezione di tardività andrebbe invece accolta nei confronti dell’atto di assegnazione (determina n. 3 del 26 febbraio 2014), pure formalmente indicato nell’oggetto del ricorso introduttivo, rispetto al quale peraltro non vengono avanzate censure specifiche da parte ricorrente, né in sede di conclusione viene espressamente richiesto il suo annullamento, così da doversi qualificare, in parte qua, il ricorso inammissibile.
5.2 A diverso esito deve giungersi quanto alla eccezione di inammissibilità per difetto di legittimazione ad agire, la quale va accolta con riferimento ad alcuni dei ricorrenti.
5.2.1. Va osservato che quello in esame è un ricorso introdotto da una parte soggettivamente complessa (cd. ricorso collettivo), ovvero dai ricorrenti Marchese Vincenzo, Imeneo Alberto, Iori Rocco, Rizzuto Graziano, Bellissimo Antonio, Marchese Antonio, Fera Vito Antonio, in proprio, e dal Comitato “Cca si campa d’aria”- Contro l’inquinamento ambientale a San Nicola da Crissa e Vallelonga, costituito in data 2 maggio 2014 (di cui sono membri tutti i ricorrenti sopra indicati, ad eccezione degli ultimi due).
La questione del difetto di legittimazione attiva, sollevata sia da parte resistente che dalla controinteressata, va pertanto esaminata distintamente in relazione ai ricorrenti che agiscono uti singoli, da un lato, e al comitato, dall’altro.
5.2.2. Quanto ai primi – ma tali considerazioni valgono anche per gli enti esponenziali, per i quali però l’esame della legittimazione ad agire deve estendersi anche al requisito della cd. effettiva rappresentatività dell’ente - la problematica della legittimazione ad agire avverso gli atti che autorizzano la collocazione in zona agricola di un impianto per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, va esaminata in termini analoghi a quelli con cui è ordinariamente affrontata la questione della legittimazione ad agire avverso atti autorizzativi di interventi edilizi, dovendo radicarsi la “differenziazione” della posizione giuridica vantata dal ricorrente sul criterio della cd. vicinitas; ovvero sul rapporto di stabile e significativo collegamento, da indagare caso per caso, dell’interessato con la zona il cui ambiente si intende proteggere e sui cui impatta in termini “potenzialmente” pregiudizievoli l’opera oggetto dell’atto amministrativo ritenuto lesivo (in termini, Cons. St., sez. V, 31 luglio 2012, n. 4331; Cons. Stato, IV, 13 marzo 2014, n. 1217; cfr. da ultimo, per un’applicazione concreta del criterio della vicinitas anche in relazione ad enti territoriali stranieri, che agiscano avverso provvedimenti amministrativi interni che abbiano un impatto transfrontaliero: Cons. St. sez. VI, 22 settembre 2014 n. 4775).
Ritiene il collegio di aderire peraltro all’orientamento prevalente secondo cui, una volta verificato nella fattispecie concreta l’elemento della vicinitas – ovvero la condizione della legittimazione attiva ad agire – in ragione della peculiarità di tale condizione, non è necessario indagare separatamente il diverso presupposto processuale dell’interesse ad agire, poiché, proprio per come è ricostruito il requisito della “vicinitas” - ovvero lo stabile collegamento con la zona di incidenza dell’impatto potenzialmente lesivo derivante dal provvedimento oggetto di gravame – esso è idoneo a contenere in sé anche l’interesse personale e concreto ad agire (cfr. Cons. St., sez. V, 13 luglio 2000 m. 3904).
Tanto premesso, anche alla luce del cd. principio della vicinanza della prova, è onere dell’ interessato quanto meno allegare la sussistenza dei presupposti di fatto, idonei ad integrare il criterio della vicinitas.
5.2.3. Applicando i principi appena esposti al caso di specie, deve rilevarsi che la legittimazione attiva va riconosciuta solo in capo ai ricorrenti persone fisiche che hanno dimostrato, alternativamente, o di essere residenti in zone limitrofe a quelle di insistenza dell’impianto oggetto di autorizzazione (e ciò a prescindere ovviamente dalla riferibilità della residenza al medesimo Comune di riferimento ovvero ad un Comune confinante), o di essere titolari di una posizione comunque “qualificata” in relazione territoriale con la zona di insistenza (es titolari di immobili abitativi, piuttosto che di imprese ivi insistenti).
Ritiene il Collegio che tale dimostrazione, come rilevato sia da parte resistente che dalla società controinteressata, sia stata fornita con allegata apposita documentazione solo in relazione a tre ricorrenti, ovvero a Marchese Vincenzo, Marchese Antonio, titolari di immobili abitativi posti a distanza di circa 50 mt dai lotti interessati dall’impianto (cfr. doc. 13 e 14 ricorso introduttivo) e con riferimento a Rizzuto Graziano, titolare di una impresa agricola di produzione biologica, insistente nella zona limitrofa (sia pure facente parte di un Comune confinante; cfr. doc. 12 allegato al ricorso).
Non risulta invece essere stata fornita la prova in relazione agli altri ricorrenti, non potendo desumersi la stessa dalla relazione tecnica allegata peraltro alla memoria di replica del geom. Massimo Giuliani, (all. 1 memoria depositata), non supportata da ulteriore documentazione e per i quali il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.
5.2.4. L’eccezione di difetto di legittimazione attiva va poi accolta in relazione al “comitato” spontaneo denominato “Cca si campa d’aria”, per il quale non è stata data la prova della sussistenza del requisito della “effettiva rappresentatività” dell’interesse, nel caso specifico “ambientale”, di cui l’ente si fa portatore (requisito che, a partire dalla nota decisione del Cons. St. Ad. Plen.19 ottobre 1979 n. 24, si articola in presupposti ulteriori oltre a quello della cd. vicinitas).
In particolare, va sul punto richiamato l’orientamento prevalente (ma cfr., in senso contrario C.g.a., 30 marzo 2011 n. 279) secondo cui, in materia ambientale – anche in considerazione dell’impatto delle normative sovranazionali –la legittimazione attiva non è in astratto esclusa per gli enti portatori di interessi diffusi che non siano indicati nel regolamento cui rinvia l’art. 13 co. 1 della L. 349/1986 (ovvero per le articolazioni territoriali delle rispettive organizzazioni nazionali), purché però siano verificabili nel caso di specie la coerenza dell’azione con la finalità statutaria, la stabilità dell’assetto organizzativo dell’ente sul territorio di riferimento e la cd. vicinitas dell’ente rispetto alla zona di impatto dell’atto che si ritiene lesivo (atto i cui effetti devono ovviamente riverberarsi in termini di potenziale lesività sugli interessi di natura ambientale per la cui tutela agisce l’ente: cfr. sul punto C.G.A., 15 gennaio 2014 n. 4; quanto alla necessaria sussistenza dei requisiti di "non occasionalità " e "non strumentalità" alla proposizione di una specifica impugnativa in capo all’ente esponenziale: cfr., ex plurimis, Cons Stato, sez. V, 2 settembre 2013 n. 4340; Cons. St. sez. IV, 21 agosto 2013 n. 4233; Cons. Stato, sez. VI, 23 maggio 2011, n. 3107; sez. V, 17 settembre 2012, n. 4909 e 16 aprile 2013, n. 2095).
5.2.5. Alla luce dei criteri appena esposti, deve concludersi per il difetto di legittimazione attiva del Comitato ricorrente. E’infatti emerso agli atti che:
- il comitato si è costituito solo qualche giorno prima della notificazione del ricorso; circostanza che già consente di escludere che l'attività del comitato si sia protratta nel tempo, quale elemento indicativo del radicamento territoriale, facendo invece propendere per la tesi sostenuta dalle controparti che il comitato sia stato costituito in funzione dell'impugnativa in esame (essendo stato peraltro costituito dagli stessi ricorrenti che agiscono in questa sede come “singoli”);
- quanto al grado di rappresentatività, per quanto la “mission” dell’organizzazione assuma quale riferimento spaziale due Comuni (il Comune di San Nicola da Crissa, odierna amministrazione resistente, e il Comune confinante di Vallelonga) esso risulta essere stato costituito da soli nove cittadini; dato quantitativo che seppure con valenza relativa, rapportato all’ampiezza dell’area di riferimento, porta ad escludere l’apprezzamento in termini positivi di tale requisito organizzativo;
- anche in considerazione della recente istituzione, non risulta peraltro che l’ente abbia assunto concrete iniziative “sul campo” tali da poter desumere l’effettivo radicamento sul territorio (parte ricorrente ha allegato unicamente una locandina, attestante un “incontro-dibattito” in materia ambientale che si sarebbe tenuto, peraltro, in pendenza dell’odierno processo).
Tali elementi istruttori consentono di ritenere che non solo non sia riscontrabile il requisito della effettiva rappresentatività ma che il comitato ricorrente sia stato costituito proprio allo scopo di proporre la specifica impugnazione in esame, con la conseguente dichiarazione di inammissibilità del ricorso per mancanza di legittimazione ad agire.
6. Può pertanto passarsi all’esame del merito, essendo il ricorso ammissibile per i tre ricorrenti sopra indicati.
7. La prima censura è infondata.
Pur condividendosi la tesi ricostruttiva di parte ricorrente, secondo cui per la realizzazione di impianti alimentati a biomassa, il proponente deve dimostrare nel corso del procedimento e comunque prima dell’autorizzazione la “disponibilità” del suolo su cui realizzare l’impianto, deve osservarsi come tale requisito, richiesto a comprovare la “legittimazione attiva” della società interessata ad avviare il procedimento autorizzatorio, deve essere interpretato alla luce del principio di liberalizzazione e di semplificazione procedurale cui sono ispirate le norme in esame, come noto, di derivazione europea.
Ne consegue che il requisito della “disponibilità” possa essere legittimamente integrato da un “titolo idoneo” che conferisca al soggetto interessato la disponibilità di un’area potenzialmente idonea a consentire il rilascio dell’autorizzazione per la costruzione del’impianto e delle opere connesse (cfr. Cons. St. sez. V, 13 gennaio 2014 n. 71; titolo che, nell’ipotesi in cui i suoli non siano già in proprietà del soggetto richiedente può essere integrato anche da un contratto preliminare – non definitivo - stipulato con terzi privati, il quale, come è noto, conferisce unicamente la “detenzione” del bene e non il possesso). Spunti ricostruttivi in tal senso sono stati offerti, da ultimo, dalla sentenza della Corte Cost. 11 dicembre 2013 n. 298, con la quale è stata dichiarata l’illegittimità dell’art. 13 co. 6 della Legge Regionale Friuli Venezia Giulia n. 19 del 2012, per violazione dell’art. 117 Cost. terzo comma, nella parte in cui tale disposizione prevedeva che l'autorizzazione per gli impianti alimentati da fonti rinnovabili fosse rilasciata esclusivamente al richiedente che dimostrasse di essere in possesso “di atti definitivi attestanti la titolarità delle aree”, poiché l’iniziativa produttiva può essere intrapresa anche da chi abbia la “mera” disponibilità dell’area, come è dimostrato dal fatto che è legittimato anche il soggetto che acquisisca la “titolarità” dell’area a seguito di successiva espropriazione per pubblica utilità (cfr. sent. citata, in particolare par. 8).
Nel caso di specie, dall’esame della documentazione acquisita, è emerso, in primo luogo, che i suoli interessati dalla realizzazione dell’impianto fossero originariamente di proprietà dello stesso Comune (essendo stati previamente espropriati), titolare del potere autorizzatorio ( e non di terzi privati) e che, in data antecedente alla formazione del provvedimento tacito di autorizzazione, all’esito di una interlocuzione intercorsa tra il Comune medesimo e la società richiedente, tali suoli siano stati “concesso” in disponibilità, seppure in via non definitiva, a titolo oneroso, salvo poi essere stati assegnati definitivamente in proprietà in data successiva alla conclusione del procedimento autorizzatorio.
Rilevano in tal senso le seguenti circostanze, emerse all’esito del’istruttoria documentale:
-in data 11 novembre 2012, la società Enel Green Power spa aveva chiesto al Comune la disponibilità ad assegnare i lotti del PIP su cui avrebbe dovuto realizzarsi l’impianto (doc. 8 fascicolo parte controinteressata);
-a riscontro della predetta istanza, in data 29 novembre 2012, il Comune resistente, con atto prot. 3561, aveva pertanto dichiarato la disponibilità a concedere “in diritto d’uso” o in “diritto di proprietà” (con un canone differenziato e indicato), i due lotti identificati catastalmente nel medesimo atto (al fl. 25 p.lle 8-9 e 21, espressamente finalizzando tale “disponibilità” alla realizzazione di “due impianti cogenerativi” per la produzione di energia elettrica e stabilendo anche un termine finale per la definizione della “procedura di assegnazione” definitiva (doc. 9 allegato fascicolo parte controinteressata);
-che tale disponibilità veniva poi prorogata con atto prot. 1671 del 29 maggio 2013 (all. 12 fascicolo parte controinteressata);
-da ultimo, in data 26 febbraio 2014, con determinazione n. 3, i suoli in oggetto venivano assegnati in via definitiva in proprietà alla società richiedente e a tale provvedimento seguivano i relativi contratti di compravendita n. 3 e 4 del 12 marzo 2014.
Va aggiunto che nessun pregio ha la doglianza concernente la presunta mancanza di disponibilità in relazione al lotto 9 e al lotto 21, che sarebbe stato “arbitrariamente e artatamente modificato nella forma e nei confini”.
Come correttamente osservato da parte resistente, in data antecedente alla definitiva assegnazione dei suoli – di cui però la società aveva già avuto la disponibilità da parte del medesimo Comune proprietario – con delibera n. 3 del 19 febbraio 2014, inoppugnata, vi è stata una redistribuzione interna catastale dei lotti inclusi nell’area PIP, essendo stati “accorpati” i lotti 8 e 9 nel primo ed essendo stati comunque “rimodulati” tutti i lotti facenti parte del PIP; circostanza questa che, anche a prescindere dal fatto che fosse sopravvenuta alla definizione del procedimento autorizzatorio, non ha inciso sul requisito della “disponibilità” del suolo da valutarsi con riguardo alla data di definizione dello stesso.
8. Non può essere accolta la censura concernente la presunta violazione del progetto assentito con gli strumenti urbanistici approvati e, in particolare, con gli artt. 2, 4 e 14 del piano per gli insediamenti industriali del Comune di San Nicola da Crissa, in quanto alla stregua dell'art. 12, comma 7, del D.Lgs. n. 387/2003, gli impianti di produzione di energia elettrica, possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici e le relative limitazioni possono essere stabilite solo da parte delle Regioni in forza del punto 17.1. delle Linee guida di cui al D.M. 10 settembre 2010.
Nella fattispecie concreta, è emerso che il sito di localizzazione dell’impianto ricade nella zona destinata alla realizzazione di impianti industriali (PIP), rispetto al quale non si ravvisa il contrasto dedotto.
In particolare, secondo parte ricorrente, vi sarebbe una non corrispondenza dello “stato di fatto” concernente la forma e la superficie dei lotti interessati dalla realizzazione degli impianti, rispetto a quella “reale” risultante dalla planimetria approvata da ultimo con la Delibera del Consiglio Comunale del 19.2.2014.
Sul punto, va osservato – anche a prescindere dall’ulteriore profilo sopra esaminato – che dovrebbe trattarsi nel caso di specie di una inconfigurabile “illegittimità sopravvenuta” del provvedimento amministrativo impugnato, poiché, come rappresentato dagli stessi ricorrenti, la dedotta non corrispondenza sarebbe conseguenza di una modifica urbanistica sopravvenuta di circa due anni rispetto all’adozione del provvedimento tacito di autorizzazione; dovendo invece valutarsi la legittimità del provvedimento alla luce del principio del tempus regit actum (ovvero, nello specifico, sulla base semmai del PIP sussistente alla data del 21.1.2012, rispetto al quale alcuna censura è stata però sollevata);
9. Con il terzo motivo di censura, parte ricorrente contesta la legittima applicazione della procedura semplificata ex art. 6 del D.lgs. 28/2011, poiché l’impianto non esame non avrebbe la caratteristica richiesta, ovvero non sarebbe qualificabile come impianto operante in “assetto cogenerativo”; nello specifico, contrariamente a quanto previsto dalle norme tecniche di riferimento (DM 10 settembre 2010, par. 12.4), nel progetto sarebbe sì previsto il recupero di parte del calore disponibile “in uscita alla sezione di generazione di energia elettrica”, ma solo al fine di una “migliore resa dell’impianto medesimo”, finalizzazione non considerata sufficiente, secondo i ricorrenti, a qualificare l’impianto in assetto cogenerativo, poiché mancherebbe l’espressa indicazione di quali utenze fruirebbero dell’energia prodotta in cogenerazione.
La censura non è condivisibile.
Dalla relazione tecnologica acquisita in atti (par. 2 “Potenze installate”) emerge infatti che “la potenza termica in uscita alla sezione di generazione energia elettrica può essere sfruttata per la produzione di acqua calda a diverse temperature variandone la portata. Se necessario è possibile produrre vapore alla pressione di 10 barg e alla temperatura di 300°C o acqua surriscaldata. Nell’offerta di opzione a entrambe le alternative è prevista la possibilità di produrre acqua calda a 90°”.
Considerando che l’istanza oggetto di autorizzazione ha natura progettuale non definitiva e che nessun ulteriore requisito, specie sotto il profilo della prova di rapporti contrattuali già evidenziati con utenti esterni, è richiesto dalla norma di cui all’art. 6 del D.Lgs. 28/2011 perché possa applicarsi il procedimento semplificato che si conclude con il provvedimento tacito di silenzio assenso, la censura non può trovare accoglimento.
10. Con il quarto motivo di censura, i ricorrenti deducono eccesso di potere perché nel progetto allegato alla istanza di PAS non sarebbero state indicate le specifiche modalità di approvvigionamento delle biomasse e della localizzazione delle aree di reperimento, in contrasto con quanto richiesto dal DM 2.3.2010.
La censura non è fondata.
Il regolamento citato è costituito nello specifico dal Decreto del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali del 2 marzo 2010, adottato in attuazione della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sulla tracciabilita' delle biomasse per la produzione di energia elettrica, il quale stabilisce le modalita' con le quali e' garantita la tracciabilita' e la rintracciabilita' della biomassa, affinche' la produzione di energia elettrica mediante impianti alimentati da tale fonte possa essere “incentivata” mediante il rilascio di certificati verdi.
Tale requisito non attiene pertanto alla applicabilità della procedura semplificata di cui all’art. 6 del D.lgs. 28/2011 la cui illegittimità è oggetto di censura.
11. Con il quinto motivo di censura, i ricorrenti deducono il vizio di violazione di legge con riferimento a norme specifiche del D.Lgs. 152/2006 nonché eccesso di potere del provvedimento autorizzatorio, in relazione allo smaltimento dei rifiuti e agli scarichi delle acque derivanti dall’impianto. In disparte la qualificazione delle “ceneri pari a 10 kg/H” quali “rifiuti speciali pericolosi” (circostanza specificatamente contestata dalla società controinteressata), anche tale censura è infondata.
Nella relazione tecnica allegata all’istanza di autorizzazione ex art. 6 del D.lgs 28/2011 è infatti chiarito che lo smaltimento dei rifiuti “sarà trattato ai sensi della normativa vigente”; attività che ovviamente attiene alla fase di messa in funzione dell’impianto; analogamente a quanto deve osservarsi con riguardo alla attività di “scarico” degli scarichi delle acque derivanti dall’attività di produzione dell’energia termica (la cui natura di acque “industriali di ciclo industriale-produttivo” è in ogni caso oggetto di contestazione tra le parti).
Nessun eccesso di potere per difetto di istruttoria può pertanto essere ravvisato nel provvedimento di autorizzazione tacita concesso sulla base del progetto allegato all’istanza.
12. Risulta infondata anche la censura sollevata in relazione alla presunta violazione dell’art. 12 co. 7 del D.Lgs 387/2003, nella parte in cui il Comune non avrebbe contemperato la possibilità di ubicare l’impianto di produzione dell’energia elettrica da fonte rinnovabile in “zona agricola” con la “valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, tutela della biodiversità, così come del patrimonio culturale e del paesaggio rurale”.
Come sopra evidenziato, secondo il progetto assentito, l’impianto di produzione dell’energia termica da biomassa è ubicato nella zona prevista dal PIP – rispetto al quale non si ravvisano peraltro le difformità censurate da parte ricorrente; tanto che il suolo è stato oggetto di una specifica assegnazione da parte del Comune. Non viene in rilievo allora la specifica derogabilità ai piani urbanistici, consentita dall’art. 12 co. 7 del D.lgs. 387/2003, a condizione che vi sia il contemperamento con i valori paesaggistici e di tutela della biodiversità che lo stesso procedimento articolato con la conferenza di servizi unificata impone.
13. Con l’ultima censura, infine, parte ricorrente deduce la violazione delle norme in materia sanitaria (art. 216 del TU leggi Sanitarie) e l’illegittimità dell’attività assertiva del Comune, che non avrebbe adeguatamente istruito il procedimento e motivato la determinazione finale positiva, in ragione del presunto “pericolo per la salute” che deriverebbe dal funzionamento dell’impianto.
La censura oltre che generica è in ogni caso priva di fondamento.
Il richiamo al D.M. del 5 settembre 1994 secondo cui le “centrali termiche” rientrerebbero nella “prima classe” di manifatture e fabbriche dalle quali deriverebbero “esalazioni insalubri”, non è confacente al caso di specie, che, come ampiamente sottolineato, è disciplinato dalla normativa nazionale di recepimento di quella europea sulla realizzazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili; peraltro, in disparte la genericità della doglianza, sul punto vanno condivise le osservazioni dedotte dalla controinteressata secondo cui dalla relazione allegata alla PAS risulta che i valori di emissione siano inferiori ai limiti previsti dal DPR 203/1988 e dal D.lgs. 152/2006.
14. In conclusione, il ricorso va pertanto rigettato.
15 La regolamentazione delle spese è informata al principio di soccombenza, con liquidazione contenuta nel dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:
lo rigetta in relazione ai ricorrenti Marchese Vincenzo, Marchese Antonio e Rizzuto Graziano;
lo dichiara inammissibile in relazione agli altri ricorrenti.
Condanna tutti i ricorrenti in solido al pagamento delle spese di lite, liquidate in euro 1.000,00 oltre accessori come per legge, in favore di ciascuna delle parti intimate costituite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Catanzaro nella camera di consiglio del giorno 23 gennaio 2015 con l'intervento dei magistrati:
Emiliano Raganella, Presidente FF
Raffaele Tuccillo, Referendario
Germana Lo Sapio, Referendario, Estensore
 
 
L'ESTENSOREIL PRESIDENTE
 
 
 
 
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 23/03/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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